TEMA SVOLTO DI DIRITTO CIVILE: AUTONOMIA NEGOZIALE E FUNZIONE DI GARANZIA PATRIMONIALE

AUTONOMIA NEGOZIALE E FUNZIONE DI GARANZIA PATRIMONIALE

A cura di

Barbara D’Ottavio

La figura del negozio giuridico, elaborata dalla pandettistica tedesca del XIX secolo, è di un’ampiezza tale da includere tutte le manifestazioni di volontà dirette alla costituzione, modifica ed estinzione di effetti giuridici.

Il Codice Civile non disciplina il negozio giuridico e non sancisce espressamente l’autonomia negoziale, mentre riserva un’ampia e dettagliata disciplina al contratto, che costituisce senz’altro la figura più importante e diffusa di negozio giuridico e la cui normativa codicistica costituisce un paradigma di riferimento anche per gli altri negozi giuridici (art. 1324 C.C.).

L’art. 1322 c.c. riconosce l’autonomia contrattuale, ma tale norma è interpretata come attributiva anche della più ampia autonomia negoziale, intesa come la libertà dei singoli di regolare i propri rapporti giuridici. Tra l’altro quest’ultima trova un fondamento costituzionale anche agli artt. 2, 3 e 41 Cost. che, nel tutelare e promuovere la libertà di iniziativa economica, non possono che implicitamente garantire anche l’autonomia negoziale, quale principale strumento di esplicazione della stessa.

L’autonomia contrattuale si può intendere in due accezioni: negativa e positiva. La prima implica che nessuno può essere privato di un proprio diritto o obbligato ad eseguire una prestazione senza una propria manifestazione di volontà. Del resto sia l’art. 1321 c.c., nel dettare la definizione di contratto, sia l’art. 1372 c.c., nel disciplinarne l’efficacia, chiariscono che gli effetti del contratto si producono solo tra le parti.

L’autonomia contrattuale in senso positivo si compone di una serie di facoltà: la scelta se concludere o meno il contratto; l’individuazione del modello negoziale tipico più funzionale agli interessi perseguiti dalle parti; la determinazione del regolamento contrattuale; infine, l’elaborazione di contratti atipici purché diretti alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322, II co., c.c.).

Tutte queste facoltà rinvengono nella legge dei limiti più o meno stringenti, posti o a tutela di un interesse generale o a protezione di una delle parti contrattuali, di regola la parte debole del rapporto.

La legge pone l’obbligo di contrarre a carico del monopolista (art. 2597 c.c.), il quale a fronte di una proposta dell’utente è tenuto ad esprimere il proprio consenso. E’ evidente che in questo caso si intende salvaguardare l’utente, il quale difficilmente può procurarsi la prestazione da altro imprenditore.

Un obbligo di uguale portata è disposto dalla legge speciale che prevede l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile nei confronti dei proprietari di veicoli a motore o di natanti e per gli esercenti attività nucleari. In questo caso la legge persegue l’obbiettivo di assicurare un risarcimento a tutti i terzi danneggiati, anche in caso di incapienza del patrimonio del danneggiante.

In altri casi la legge limita la scelta della controparte contrattuale mediante la previsione di prelazioni legali, come quella che l’art. 732 c.c. riconosce al coerede in caso di alienazione della quota ereditaria, o l’art. 38 della Legge 392/1978 attribuisce al conduttore dell’immobile nel caso in cui il locatore intenda trasferirlo a titolo oneroso.

La legge può anche incidere sul contenuto del contratto, a volte sostituendosi ed integrando le determinazioni delle parti (art. 1339 c.c.), altre volte vietando la conclusione di determinati patti (artt. 458, 2265, 2744 c.c.).

Limiti all’autonomia negoziale possono anche essere convenuti tra le parti mediante la stipula di un contratto preliminare, l’attribuzione di un’opzione o di una prelazione.

L’esercizio dell’autonomia negoziale è collegata alla garanzia patrimoniale su due diversi fronti: in primis la conclusione  di negozi giuridici può comportare l’assunzione di obbligazioni delle quali il debitore risponde con il proprio patrimonio ex art. 2740 c.c.; in secundis l’autonomia negoziale può variamente incidere sulla funzione di garanzia patrimoniale, nonostante gli stringenti limiti che incontra per effetto della previsione di norme imperative (in particolare: artt. 2740, II co.; 2741, II co.; 2744 c.c.).

L’art. 2740 cod. civ. conferma il superamento di una concezione personalistica della responsabilità da inadempimento e dispone che il debitore risponde delle obbligazioni con il proprio patrimonio.

La dottrina ha ampiamente dibattuto circa la natura di questa norma e, superata una concezione sanzionatoria della stessa, è prevalentemente orientata a qualificarla come una norma ricognitiva di uno status particolare, quello del debitore, che lo espone ad un potere di controllo del creditore. Tale potere si esplica mediante l’adozione dei messi di conservazione della garanzia patrimoniale, quali l’azione revocatoria e surrogatoria, e mediante l’esperimento delle azioni esecutive.

La norma aderisce al principio universalistico, costituendo l’intero patrimonio a garanzia generica del creditore, e ammette le sole limitazioni stabilite dalla legge e non anche quelle convenzionali.

Mentre, infatti, l’art. 1229 c.c. ammette delle clausole limitative della responsabilità del debitore e dei suoi ausiliari incorsi in colpa lieve, l’art. 2740 al II comma esclude in modo imperativo clausole o patti volti a limitare la garanzia patrimoniale del debitore.

Il problema si è posto con riguardo alla costituzione di patrimoni destinati atipici, che determinano la sottrazione di determinati cespiti alle azioni esecutive della generalità dei creditori, destinandoli alla soddisfazione solo di determinati crediti.

Un primo orientamento si è espresso in termini positivi ritenendo che il rinvio alla legge operato dall’art. 2740, II comma, può anche essere riferito all’art. 1332, II comma, c.c. e quindi legittimare la costituzione di patrimoni destinati atipici volti alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela giuridica.

L’orientamento contrario sancisce la nullità ex art. 1418 c.c. degli atti di costituzione di patrimoni atipici poiché contrari alla norma imperativa di cui all’art. 2740, II co., c.c..

L’art. 2471 c.c. sancisce il principio della par condicio creditorum, anch’esso imperativo e derogabile solo dalla legge. Quest’ultima prevede cause legittime di prelazione che attribuiscono ai creditori privilegiati di soddisfarsi sui beni del debitore con preferenza rispetto ai creditori chirografari, tra queste rientrano: il privilegio, il pegno e l’ipoteca.

Il privilegio è accordato dalla legge in considerazione della causa del credito, mentre il pegno e l’ipoteca trovano la propria fonte principalmente in un atto di autonomia privata che intanto è ammesso in quanto si esplica in presenza di una legge che lo autorizza.

Per l’ipoteca (volontaria) è l’art. 2821 c.c. a consentire la costituzione sia per contratto che per negozio unilaterale. La mancanza con riguardo al pegno di una norma di tale portata ha indotto la dottrina a dubitare circa la costituzione del pegno mediante atto unilaterale.

Sul punto si sono formate due impostazioni che giungono a soluzioni opposte muovendo da interpretazioni diverse dell’art. 2821 c.c.: la prima qualifica la norma come eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica, per cui esclude la costituzione del pegno per atto unilaterale; la seconda, al contrario, attribuisce alla norma portata generale e la applica in via analogica anche al pegno.

La disciplina del pegno si presenta statica e tale da pregiudicare la produttività del bene, che deve essere consegnato al debitore senza possibilità per quest’ultimo di utilizzarla; per ovviare a questi limiti si sono diffuse nella prassi forme particolari di pegno, catalogate dalla dottrina come pegni anomali, in quanto si discostano in modo più o meno evidente dall’archetipo legale di pegno.

Tra questi rientra il pegno rotativo la cui peculiarità risiede nella possibilità, convenuta tra le parti, di sostituire la cosa data in pegno.

La Corte di Cassazione ha da tempo ritenuto ammissibile il pegno rotativo purché il valore dei beni successivi rientri nel valore del bene originariamente dato in pegno. Ai fini dell’opponibilità è inoltre necessario che l’atto costitutivo del pegno contenga la clausola rotativa e che il bene sia consegnato al debitore.

Tra l’altro il pegno rotativo nasce come atipico, ma in seguito al riconoscimento ad opera del D.Lgs. n. 58 del 1998 e D.Lgs. 170/2004 si può ritenere tipizzato limitatamente alle ipotesi in cui abbia ad oggetto strumenti finanziari.

La Suprema Corte ha riconosciuto anche la validità del pegno di cosa futura e lo ha qualificato come fattispecie a formazione progressiva che trova fondamento in un accordo tra le pari produttivo solo di effetti obbligatori e che si completa con la venuta ad esistenza del bene e la sua consegna al creditore.

La dottrina e la giurisprudenza hanno, invece, ritenuto inammissibile il pegno omnibus perché contrario all’art. 2787 c.c. che prescrive l’indicazione sufficientemente precisa del credito garantito.

Sempre nell’ambito dei diritti reali di garanzia, l’autonomia negoziale incontra un limite esplicito ed inderogabile espresso nel divieto di patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c.. Il debitore e il creditore non possono convenire che la proprietà della cosa oggetto di pegno o ipoteca sia trasferita al creditore in caso di inadempimento.

Secondo autorevole dottrina tale divieto trova la propria ratio in una pluralità di esigenze: evitare che il debitore vertendo in condizioni di difficoltà economica possa essere coartato alla conclusione del contratto anche al punto di trasferire un bene di valore superiore all’ammontare del credito garantito; salvaguardare la par condicio creditorum pregiudicata dall’impossibilità per gli altri creditori di soddisfarsi sullo stesso bene.

La Cassazione ha puntualizzato a più riprese che la norma in questione vieta il conseguimento di un risultato pratico, sia se realizzato con la stipula di uno specifico patto sia se perseguito mediante la stipula di più contratti avvinti da un collegamento negoziale.

Si consideri che molti contratti si prestano ad una facile elusione del divieto in questione, in particolare la dottrina e la giurisprudenza si sono soffermate sull’alienazione sospensivamente/risolutivamente condizionata all’inadempimento/adempimento, sul mandato ad alienare senza onere di rendiconto a carico del creditore mandatario e sul contratto “sale and lease back”.

Si ammette, invece, il patto marciano poiché in questo caso il bene oggetto del trasferimento è valutato da un terzo e nel caso in cui il creditore acquisisca un bene di valore superiore rispetto al credito garantito è tenuto a restituire l’eccedenza al debitore.

Il debitore può anche accrescere le possibilità di soddisfazione del creditore mediante la costituzione di garanzie personali, tra le quali massimo rilievo assume la fideiussione.

Due sono le caratteristiche principali della fideiussione: l’accessorietà dell’obbligazione fideiussoria rispetto a quella garantita (art. 1945 c.c.) e l’omogeneità tra l’obbligazione del garante e quella gravante su debitore.

Quest’ultima caratteristica è stata ritenuta dalla giurisprudenza non imprescindibile e si è ammessa la fideiussione anche a garanzia di obblighi di facere infungibili. Si tratta in questo caso di fideiussione indemnitatis in forza della quale il creditore insoddisfatto può ottenere dal garante solo il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento o la restituzione della controprestazione.

Nella prassi si è diffuso anche un contratto di garanzia privo del requisito dell’accessorietà rispetto all’obbligazione garantite, ma in questi casi si sconfina dalla fideiussione e si approda ad un modello solo socialmente tipico che è il contratto autonomo di garanzia.

Con tale contratto il garante si obbliga nei confronti del debitore ad eseguire la prestazione a favore del creditore non appena quest’ultimo ne faccia richiesta. La prestazione del garante è subordinata alla sola richiesta del creditore ed è precluso al garante appone eccezioni relative al rapporto di valuta tra debitore e creditore.

La dottrina meno recente proprio a causa del difetto di accessorietà aveva ritenuto astratto il contratto e quindi nullo per difetto di causa.

L’orientamento oggi prevalente, invece, conclude per la validità del contratto ritenendo che la causa sia rinvenibile nel negozio esterno, cioè nel rapporto di valuta tra creditore e debitore.

Settore prediletto di applicazione di tale garanzia è quello degli appalti pubblici in cui si può garantire la serietà dell’offerta (bid bond), la corretta realizzazione dell’opera (performance bond), la manutenzione dell’opera realizzata (maintenance bond) ed, infine, il rimborso delle somme versate dall’appaltatore in casi di errori nell’esecuzione dell’opera.

Altro istituto solo socialmente tipico sono le lettere di patronage di regola emesse da società capogruppo ed indirizzate a banche o istituti di credito e con le quali si vuole agevolare l’erogazione di finanziamenti a favore delle società controllate.

Da questa riesamina dell’autonomia negoziale e della garanzia patrimoniale si evince come la prima abbia inciso sulle garanzie reali e personali tipiche al fine di renderle più corrispondenti alle esigenze produttive e finanziarie odierne, in parti differenti rispetto a quelle considerate in sede di stesura del Codice Civile improntato ad una visione piuttosto statica della garanzia patrimoniale.

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