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Conseguenze dell’omessa pubblicità delle sedute di gara telematiche

La procedura di gara per l’aggiudicazione degli appalti pubblici è retta, ai sensi dell’art. 30 D.Lgs 50/16 (“nuovo codice degli appalti”), dai principi di qualità di prestazioni, economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.

Concentrando l’attenzione su quest’ultimo principio, esso, da un lato, garantisce le esigenze di “par condicio” e di “favor partecipationis”, affermate e tutelate anche e soprattutto dall’ordinamento comunitario; dall’altro, concorre a realizzare il buon andamento e l’imparzialità della PA ex art. 97 comma 2° Cost.

Pertanto, il predetto principio merita di essere scrutinato ed esaminato con la giusta dovizia, al fine di coglierne con precisione ambito applicativo, disciplina e, soprattutto, le conseguenze in ipotesi di violazione.

Infatti, dalla portata “servente” del principio di pubblicità ai fini della realizzazione e della garanzia dei valori primari dell’ordinamento sopra menzionati, non può che discendere la portata ampia e omnicomprensiva del suddetto, con applicabilità e rilevanza in ogni fase di gara.

In prima battuta, le Stazioni Appaltanti devono rendere noto il bando di indizione della gara con le opportune ed adeguate forme pubblicitarie; altresì, ai sensi dell’art. 95 comma 8° Cod. App. Esse devono indicare già nel bando il criterio in forza del quale aggiudicheranno l’appalto (offerta economicamente più vantaggiosa o prezzo più basso).

Altresì, le PA appaltanti devono comunicare pubblicamente l’esistenza di eventuali offerte anomale (art. 97 Cod. App.).

Ma, soprattutto, come si avrà modo di approfondire, necessitano di pubblicità tutte le sedute di apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa e anche quelle contenenti le offerte, con seduta riservata esclusivamente per il momento di valutazione delle offerte medesime.

Inoltre, va precisato che quanto esposto trova applicazione anche in relazione agli appalti “sotto-soglia”, i quali, ai sensi dell’art. 36 D.lgs. 50/16, benché non necessitino della procedura di evidenza pubblica, sono comunque soggetti ai principi del citato art. 30 e, dunque, anche al principio di pubblicità.

In sintesi, da quanto esposto, può affermarsi con certezza e convinzione che la pubblicità del bando e, soprattutto, di ogni singola seduta di gara, garantisce la genuinità della procedura, realizzando un confronto libero, competitivo e concorrenziale, tramite il controllo diretto ed immediato sulla correttezza e non arbitrarietà dell’operato della PA appaltante.

Ciò posto, se il principio di pubblicità presenta, ormai, la predetta portata pervasiva, appare allora di primaria importanza analizzare le conseguenze dell’omessa pubblicità delle sedute di gara. E, a tal proposito, è indispensabile distinguere tra gare svolte con modalità ordinarie ossia cartacee e gare telematiche, ormai molto più diffuse e adoperate.

Con riguardo alle prime, le conseguenze dell’omessa pubblicità sono state affrontate in più occasioni in sede pretoria, dando vita ad un orientamento ormai costante e consolidato.

Infatti, la giurisprudenza compatta ha preliminarmente precisato (a partire dalla nota pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 2011) che, sebbene il codice degli appalti (sia l’attuale sia il previgente D.lgs. 163/2006) non preveda con una disposizione specifica ed espressa l’obbligo di pubblicità delle sedute, nondimeno esso è ricavabile tramite un’interpretazione sistematica nonché teleologicamente orientata.

Sotto il primo profilo, non soltanto, come già detto, l’art. 30 comma 1° Cod. App. enuncia il principio di pubblicità tra i principi che sorreggono lo svolgimento dell’intera gara, ma, altresì, il comma 8° del medesimo articolo rende applicabili alle procedure di affidamento, per quanto non espressamente previsto dal codice, “le disposizioni di cui alla L. 241/90”.

Ebbene, poiché l’art. 1 della legge da ultimo citata richiama, a sua volta, il principio di pubblicità come principio generale, non può che ricavarsi l’obbligo di pubblicità per ogni seduta.

Ancora, argomentazioni non meno convincenti si ricavano sotto il profilo teleologico.

Se, infatti, come già accennato in premessa, la pubblicità mira a preservare sia la parità di trattamento e il favor partecipationis sia l’imparzialità e il buon andamento della PA, allora essa non può che imporre la pubblicità di ogni seduta: infatti, soltanto in tal modo si assicura il controllo diretto ed immediato sulla mancanza di alterazioni e manomissioni dei plichi e delle buste, difficilmente accertabili, viceversa, in ipotesi di seduta riservata.

Pertanto, ferme restando la seduta riservata per la valutazione delle offerte e l’impossibilità per i concorrenti di prendere visione del contenuto delle buste, devono svolgersi pubblicamente tutte le sedute riguardanti l’apertura di plichi e buste, sia se contenenti la documentazione amministrativa sia se contenenti le offerte. Infatti, soltanto la rigida applicazione del principio di pubblicità può garantire il corretto svolgimento della procedura nonché il buon esito della stessa, con aggiudicazione dell’appalto al miglior offerente.

Ed invero, la giurisprudenza, dopo aver affermato i predetti principi, ha agevolmente individuato le conseguenze dell’omessa pubblicità delle sedute: l’annullabilità dell’intera gara, anche dell’eventuale aggiudicazione se è già intervenuta, per violazione di legge ex art. 21-octies comma 1° L.241/90.

Ai fini di una maggior comprensione, è bene ricordare come la nota L. 15/2005 abbia introdotto, per la prima volta, una disciplina generale dei vizi del provvedimento, confluita nella L. 241/90.

Più nel dettaglio, l’art. 21-septies L.241/90 sancisce la nullità del provvedimento che manca degli elementi essenziali (“nullità strutturali”), che è viziato da difetto assoluto di attribuzione od elusione/violazione del giudicato (“nullità pubblicistiche”) nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge (“nullità testuali”).

Viceversa, è annullabile, in forza dell’art. 21-octies comma 1° L.241/90, il provvedimento adottato in violazione di legge, viziato da eccesso di potere e da incompetenza. Pertanto, comportano l’annullamento del provvedimento la sua adozione in presenza della norma attributiva del potere (a differenza del difetto assoluto di attribuzione che ne causa la nullità) ma in violazione di quanto da essa statuito (“cattivo uso del potere”). Altresì, è annullabile il provvedimento viziato da eccesso di potere, ossia adottato per un fine diverso da quello individuato ex lege. Infine, è causa di annullamento il vizio di incompetenza, cioè l’adozione dell’atto da parte di un organo diverso da quello competente per legge.

Alla luce di ciò, secondo l’orientamento dominante, i provvedimenti di una gara d’appalto (compresa l’aggiudicazione) svolta senza un’adeguata pubblicità sono annullabili per violazione di legge, poiché, come già esposto, il principio di pubblicità delle sedute è ricavabile dagli artt. 30 comma 1° e 8° Cod. App. e 1 L.241/90 .

Ancora, il travolgimento della gara è conseguenza automatica ed immediata dell’omessa pubblicità, a prescindere da una previsione espressa del bando di gara. Altresì, la caducazione della gara non è impedita dalla mancanza di danno subito dai concorrenti, atteso che, come più volte ribadito, il principio di pubblicità, oltre a tutelare l’interesse privatistico dei singoli operatori economici, tutela anche l’imparzialità e il buon andamento della PA ex art. 97 comma 2° Cost.

E, soprattutto, viene esclusa con fermezza, con riguardo alle gare svolte con modalità cartacee ed ordinarie, l’applicabilità dell’art. 21-octies comma 2° L. 241/90 (“illegittimità ininfluente), che esclude l’annullabilità del provvedimento, seppur viziato, qualora “il contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Non appare revocabile in dubbio che l’omessa pubblicità abbia impedito qualunque controllo sulla manomissione dei plichi, precludendo la possibilità di affermare con scrupolosa certezza che l’esito della gara, senza la violazione degli obblighi di pubblicità, sarebbe stato il medesimo di quello avutosi in concreto.

Per quanto esposto, può affermarsi ragionevolmente che l’omessa pubblicità di una gara non telematica comporti la caducazione di tutti gli atti emanati, caducazione che interviene come conseguenza automatica ed immediata della sola omessa pubblicità.

Altresì, medesima conseguenza si prospetta nell’ipotesi di omessa pubblicità per l’aggiudicazione di appalti sotto-soglia, poiché, come già precisato, anche essi sono soggetti al principio di pubblicità (art. 36 Cod. App.).

Viceversa, la giurisprudenza si mostra meno rigorosa e molto più flessibile con riguardo alla mancata annotazione, nel verbale di gara, di ogni singola operazione rivolta a preservare l’integrità dei plichi: si è affermato, infatti, che ciò non può comportare “ex se” l’annullamento della procedura, trattandosi di una mera incombenza formale. Pertanto, ai fini dell’annullamento, il vizio di omessa indicazione nel verbale deve accompagnarsi ad elementi seri e consistenti che comprovino l’avvenuta alterazione dei plichi o delle buste.

Ed invero, nonostante l’assoluta ragionevolezza di quanto sino ad ora asserito, deve darsi atto che le conseguenze dell’omessa pubblicità sono completamente diverse nell’ambito di una gara telematica.

Infatti, ai sensi degli artt. 55 e ss Cod. App. le gare di appalto possono svolgersi tramite sistemi elettronici e telematici, che hanno ormai sostituito quasi totalmente i sistemi ordinari.

Ebbene, le gare telematiche assicurano, innanzitutto, maggiore speditezza e celerità della procedura, realizzando, così, le esigenze di semplificazione e non aggravamento dei procedimenti amministrativi riconosciute e tutelate anche in sede unionale.

E, soprattutto, l’utilizzo della telematica consente la tracciabilità delle fasi della gara, garantendone la sicurezza e la trasparenza. Infatti, le offerte non risultano più modificabili dopo essere state inserite nel sistema e, anche qualora fossero state alterate, proprio la tracciabilità permette la ricostruzione precisa e puntuale di tutte le fasi della procedura, rendendo possibile l’emersione immediata e celere di eventuali manomissioni.

Ed invero, non può in alcun modo ritenersi che la gara telematica comporti un’attenuazione del principio di pubblicità. In prima battuta, anche in tale tipo di gara vi è l’obbligo di seduta pubblica per l’apertura delle offerte. Altresì, proprio la tracciabilità rafforza le predette esigenze di pubblicità, garantendo la ricostruzione di ogni operazione effettuata durante la gara, preservando la genuinità delle offerte.

Ma, se così è, allora l’omessa pubblicità di una seduta nell’ambito di una gara telematica deve essere valutata con maggior elasticità rispetto alle sue conseguenze nell’ambito di una gara svolta con modalità ordinarie. Infatti, mentre, come visto, in quest’ultima tipologia di gara l’omessa pubblicità ne travolge tutti gli atti in via automatica, con esclusione dell’operatività dell’art .21-octies comma 2° L. 241/90, nelle gare telematiche non soltanto non può operare alcun automatismo, ma, soprattutto, è proprio di tale ultima norma che la giurisprudenza fa applicazione. Pertanto, per comprendere appieno le implicazioni di quanto asserito, è opportuna un’analisi del testo e della ratio del citato art. 21-octies comma 2° L. 241/90, che disciplina, come accennato, la c.d. “illegittimità ininfluente”.

La disposizione, invero, si compone di due periodi. Il primo periodo stabilisce che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il contenuto del medesimo non potrebbe essere diverso da quello in concreto adottato.

Ebbene, se, da un lato, la norma è applicabile a qualunque violazione “delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti”, dall’altro lato, per espressa disposizione del legislatore, essa trova applicazione soltanto nei procedimenti “a natura vincolata”. Altresì, nonostante la locuzione “sia palese” sembri suggerire che la non diversità del contenuto debba apparire “prima facie”, è opinione incontestata che il giudice possa anche disporre dei suoi poteri officiosi ai fini dell’accertamento, poiché la natura vincolata del provvedimento rende inesistente il pericolo di uno sconfinamento nella discrezionalità amministrativa.

Invece, il secondo periodo stabilisce che non è annullabile il provvedimento per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora la PA dimostri in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Ebbene, mentre la violazione può riguardare esclusivamente la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, il difetto di specificazione rende la disposizione applicabile anche all’attività discrezionale. Altresì, in tale ipotesi, incombe sulla PA l’onere di provare che il provvedimento avrebbe avuto il medesimo contenuto anche depurato dal vizio che lo inficia.

Ciò posto, analizzato il contenuto della norma, può facilmente intuirsi come essa appaia calibrata su due principi già esistenti ancora prima della novella legislativa del 2005: il principio del raggiungimento dello scopo e quello dell’interesse a ricorrere.

Il primo principio sancisce che se il provvedimento ha raggiunto lo scopo prefissato allora non è annullabile, nemmeno se presenta un vizio di procedura. Il secondo principio, invece, attiene alla mancanza di una condizione dell’azione: come noto, per agire in giudizio, non è sufficiente la lesione di una situazione soggettiva della quale si è titolari (legittimazione ad agire), occorrendo, altresì, la possibilità di ottenere un’utilità concreta dall’accoglimento della propria pretesa; possibilità che, appunto, è denominata “interesse ad agire”. Ma è di tutta evidenza che il privato non può ricavare alcuna utilità dall’annullamento di un provvedimento che anche senza il vizio avrebbe il medesimo contenuto, difettando, così, l’interesse ad agire.

Ancora, la disposizione può considerarsi espressione anche del principio di conservazione degli atti giuridici, che preclude l’annullamento di un provvedimento che avrebbe sempre il medesimo contenuto.

Se così è, la norma sancisce la prevalenza della sostanza sulla forma, non consentendo la caducazione di un provvedimento che ha raggiunto il suo scopo e che avrebbe avuto un contenuto identico, nonostante la violazione di una regola formale, della comunicazione dell’avvio del procedimento o di una qualsiasi norma sul procedimento.

Altresì, secondo la tesi dominante, l’art. 21-octies comma 2 L.241/90 non dà vita ad una degradazione del vizio di illegittimità ad un vizio di mera irregolarità, né ad una sanatoria del vizio di illegittimità. Infatti, è la norma stessa a stabilire che non è annullabile il provvedimento che venga adottato “in violazione di norme”, presupponendo, quindi, la sua illegittimità, che non viene di certo meno soltanto perché il provvedimento non può annullarsi. Di conseguenza, il provvedimento è ed resta illegittimo, poiché inficiato da una violazione, essendo precluso solamente il suo annullamento per le ragioni sopraesposte.

Ed ancora, tale soluzione non manca di risvolti pratici: poiché il provvedimento è comunque illegittimo, al G.A. non è preclusa, in sede di rigetto della domanda di annullamento, la condanna alle spese per la PA. Altresì, il privato potrebbe sempre avanzare richiesta di risarcimento del danno ingiusto ex. art. 30 cpa, sussistendone i presupposti di legge.

Da ultimo, deve negarsi che il difetto di annullamento comporti un vulnus al principio di effettività di tutela. In prima battuta, è una norma di legge che individua uno sbarramento alla caducazione del provvedimento, in osservanza dell’art.113 comma 3° Cost. Ancora, l’art. 21-octies comma 2° L. 241/90 àncora il mancato annullamento a presupposti rigidi e ragionevoli, bilanciando l’effettività di tutela con l’esigenza di evitare un utilizzo inutile e non redditizio della macchina giudiziaria.

Ciò posto, come si è detto, la giurisprudenza applica l’art. 21-octies comma 2° alla gara telematica in cui l’apertura delle offerte sia avvenuta in seduta riservata invece che pubblica.

Nello specifico, poiché non si discorre della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, verrà in rilievo il primo periodo della disposizione in oggetto.

Infatti, l’atto di gara è inficiato dalla violazione “di norme sul procedimento”, ossia delle disposizioni che impongono la pubblicità per le sedute di apertura delle offerte (artt. 30 Cod. App. e 1 L.241/90). Altresì, l’atto di cui si discorre, cioè l’apertura delle offerte, è un atto “a natura vincolata”, poiché la sua adozione non rientra nella discrezionalità della PA. Ma, soprattutto, poiché la gara telematica consente la tracciabilità di tutte le operazioni svolte e rende non più modificabili le offerte, allora può facilmente affermarsi che “è palese” che il provvedimento viziato non poteva comunque confluire in un esito diverso da quello verificatosi, ossia l’ammissione di quella platea di concorrenti selezionati in base al contenuto delle offerte inserite da essi stessi nel sistema e non più tangibili e modificabili.

Poiché, quindi, gli strumenti telematici consentono di tracciare l’intera gara scrupolosamente, garantendo l’intangibilità delle offerte, l’omessa pubblicità non può comportare, “in re ipsa”, l’annullamento degli atti della procedura (poiché l’esito non sarebbe comunque stato diverso), a differenza di quanto si è esposto con riguardo alle gare svolte con modalità cartacee. Invece, occorrerà la prova rigorosa di elementi precisi, seri e concreti che possano suffragare l’avvenuta alterazione delle offerte o, comunque, la non trasparenza della gara. In mancanza, non può pronunciarsi l’annullamento.

In altre parole, viene applicato il medesimo principio, già visto, riguardante la mancata indicazione delle fasi della gara nel verbale nelle gare svolte con modalità ordinarie, sulla base dell’assunto, ormai incontestato ed universale, secondo il quale deve essere sancita la prevalenza della sostanza sulla forma, con impossibilità di pronunciare l’annullamento di un provvedimento che, benché viziato da una violazione formale o procedurale, ha comunque raggiunto il suo scopo.

Altresì, si realizza un congruo bilanciamento tra effettività di tutela giurisdizionale e altri principi di pari grado, come economicità, tempestività, divieto di uso distorto del processo.

In conclusione, l’omessa pubblicità delle sedute nelle gare telematiche comporta conseguenze peculiari. E ciò al fine di garantire una risposta corretta e coerente con quei principi ormai divenuti pilastri e fondamenta del sistema e che proprio nelle gare telematiche trovano piena realizzazione.

G M

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