Tema svolto di diritto civile corso justowin: la responsabilità della Consob.

Tema 

Alea, difetto di informazione, affidamento negli organi di vigilanza  per il controllo sulla vendita di prodotti finanziari nei mercati non regolamentati.

Di L. S. Corsista Justowin (Roma).

Svolgimento

Il riconoscimento della responsabilità della pubblica Amministrazione costituisce ormai una certezza, a seguito del lungo processo evolutivo circa la risarcibilità degli interessi legittimi. Sin dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo, infatti, vi era solo il riconoscimento di una responsabilità della pubblica Amministrazione per lesione dei diritti soggettivi per effetto di atti e/o comportamenti di quest’ultima. Dalla istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, avvenuta in data 1889, quale Autorità chiamata a conoscere delle controversie in materia di interessi legittimi, è iniziato un lungo percorso giurisprudenziale e normativo teso al riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi. Dapprima la giurisprudenza ha riconosciuto la tutela risarcitoria degli interessi legittimi di tipo oppositivo, successivamente con la storica sentenza della Corte di Cassazione n°500/99, da ultimo confermata dalla sentenza n°4326 del 2010, è stato riconosciuto il risarcimento degli interessi legittimi pretensivi. In tal senso si è inserito il primo provvedimento legislativo che ha codificato la risarcibilità degli interessi legittimi, vale a dire l’articolo  7 della legge 21 luglio 2000 n°205, il quale, appunto, ha attribuito al Giudice Amministrativo la cognizione in tema di questioni relative al risarcimento del danno, anche in forma specifica. Un ultimissimo approdo normativo alla tematica si è, poi, avuto con la  promulgazione del Codice del processo amministrativo, che, all’articolo 30 conferisce esplicita tutela risarcitoria al “danno ingiusto di natura patrimoniale derivante dall’illegittimo esercizio di una attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. La disciplina posta dal predetto articolo ha chiarito che la responsabilità risarcitoria della pubblica Amministrazione ha natura di responsabilità aquiliana. Questa scelta legislativa, ponendosi in continuità con il dettato della prefata sentenza 500/99, supera le precedenti tesi di svariate dottrine sviluppatesi prima dell’avvento del Codice del processo amministrativo, tra cui, la tesi della responsabilità cosiddetta da contatto sociale. Questo risultato è di indubbio valore per lo sviluppo e la soluzione del tema in questione, se si considera che la responsabilità da contatto qualificato con le proprie implicazioni – riguardo in particolare alla limitazione attinente all’elemento soggettivo della colpa – è stata utilizzata proprio nel caso di responsabilità della pubblica Amministrazione, e per essa delle Autorità di vigilanza, per omesso controllo dei prospetti informativi. Il ricondurre questa responsabilità da prospetto informativo nell’alveo della responsabilità da contatto sociale comporta alcune importanti implicazioni e conseguenze. In primo luogo l’onere della prova non è ripartito secondo le previsioni di cui all’articolo 2043 del Codice civile, bensì nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1218 del Codice civile, attraverso una presunzione di colpa derivante dalla illegittima attività omissiva della Autorità vigilante nel controllo dei prospetti informativi, con la conseguente sussistenza in capo ai privati-risparmiatori della mera prova dell’inadempimento della pubblica Amministrazione stessa. Nel modello della responsabilità da contatto sociale, a seguito del solo affidamento riposto dal privato verso l’attività di vigilanza della Pubblica Amministrazione, si configura, così, una responsabilità di quest’ultima. La responsabilità si attribuisce non per la lesione di una posizione giuridica soggettiva di un soggetto qualunque, bensì proprio per la lesione nei confronti di un soggetto, con il quale si è instaurato, comunque, un rapporto, anche se in ambito di un procedimento amministrativo. Ciò implica una serie di ulteriori considerazioni:

a)        possibilità per l’Amministrazione pubblica di vedersi risarcito il danno indipendentemente, quindi a prescindere, dalla lesione del bene della vita del soggetto privato;

b)       inversione dell’onere della prova e della colpa;

c)       inquadramento della responsabilità della pubblica Amministrazione in chiave contrattuale, con la conseguente implicazione della prescrizione decennale, anziché quinquennale.

Il modello di responsabilità da contatto è, pertanto, una particolare forma di responsabilità nata proprio per venire incontro alle molteplici necessità di tutela, tipiche della moderna società, relativamente al risarcimento del danno, al di là dello schema certamente troppo riduttivo sia della responsabilità contrattuale che extracontrattuale. Questa responsabilità, come già accennato, è stata sottoposta a critica proprio perché ha aperto la strada al risarcimento del danno della pubblica Amministrazione non solo prescindendo dall’elemento soggettivo della colpa, quanto dallo stesso danno, prefigurando una sorte di automatismo che avrebbe dato maggiore garanzia alle pretese procedimentali partecipative dei soggetti privati, piuttosto che alla lesione di interessi sostanziali.

Chiarito, così, il riconoscimento della responsabilità della pubblica Amministrazione di tipo aquiliano ex articolo 2043 del Codice civile, l’interesse del bene della vita oggetto di pretesa di risarcimento del danno nel caso di specie avrebbe, secondo la Corte di Cassazione, natura di diritto soggettivo, in quanto l’interesse degli investitori a vedere tutelato il proprio risparmio è fortemente ritenuto meritevole di tutela di protezione dall’ordinamento, sussistendo in capo agli Organi di vigilanza il potere di controllo del rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione. La responsabilità per omesso controllo di prospetto informativo, ad esempio, si rinviene nel caso della Consob nel decreto legislativo 58/98 (TUIF), con particolar riguardo all’articolo 91, dove si dispone che la Consob nell’esercizio dei propri poteri deve avere riguardo alla tutela degli investitori, nonché alla trasparenza ed all’efficienza del mercato. La tutela degli investitori è una delle forme attraverso le quali si tutela il risparmio, alla luce di quanto disposto dall’articolo 47 della Costituzione.

Le Sezione Unite della Corte di Cassazione hanno sul tema precisato, con ben tre pronunciamenti, a partire dal 2001 sino al 2005, che le controversie aventi per oggetto una domanda di risarcimento del danno per violazione degli obblighi di vigilanza in materia di tutela del risparmio e del mercato mobiliare sono devolute al Giudice ordinario e non al Giudice Amministrativo, non rientrando nemmeno nella giurisdizione esclusiva di quest’ultimo prevista dall’articolo 133 del Codice del processo amministrativo. Tale orientamento consolidato della Suprema Corte trae le proprie basi sul presupposto che i soggetti investitori-risparmiatori, a differenza di quanto avviene per i soggetti abilitati alla intermediazione, nei cui confronti le Autorità di vigilanza esercitano una serie di poteri diretti ad assicurare la correttezza e la trasparenza  dei loro comportamenti, non sono l’oggetto del potere amministrativo di vigilanza, bensì sono i soggetti verso i quali è diretta la tutela. Le decisioni della Corte, tuttavia, sono state sottoposte a diversi rilievi critici, per la discutibile riconduzione della posizione giuridica dei risparmiatori nei binari del diritto soggettivo, piuttosto che dell’interesse legittimo.

Acclarato, comunque, che ha natura di diritto soggettivo la posizione giuridica che si pretende tutelare, conseguente ad una dedotta colpa della Autorità di vigilanza nell’attività di controllo inerente la vendita nei mercati mobiliari per responsabilità di tipo extracontrattuale di cui all’articolo 2043 del Codice civile, nella fattispecie occorre  svolgere alcune valutazioni circa elemento soggettivo dell’illecito aquiliano. La Corte di Cassazione ha in un caso, tra l’altro, rilevato sì che la Consob – quale Autorità di vigilanza dei mercati – gode di discrezionalità nella scelta del tipo di strumento più idoneo da utilizzare tra quelli previsti dalla legge per verificare la completezza, la veridicità e la coerenza delle informazioni nei prospetti informativi, ma, nello stesso tempo, ha limitato la responsabilità alle ipotesi di manifesta non veridicità delle informazioni contenute nel prospetto, che emergono ictu oculi. Tale limitazione, criticata in dottrina, tuttavia, è stata recepita dalla legge 262 del 2005 che ha esteso alle Autorità di vigilanza la limitazione prevista dal TU 3/1957 per i dipendenti dello Stato. E’ stata, così, esteso il previsto istituto della limitazione di responsabilità solo ai casi di dolo e di colpa grave. Questa modifica al regime della responsabilità, pur se parte della dottrina non è concorde nel ritenerla compatibile con i principi del nostro ordinamento giuridico, per via di uno svuotamento della piena ed effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive, troverebbe la propria giustificazione, secondo alcuni, in relazione alla particolare valenza e complessità dell’attività amministrativa – nella quale è possibile facilmente commettere errori per colpa lieve – delle Autorità di vigilanza. La responsabilità si inquadrerebbe, quindi, nel modello previsto dall’articolo 2236 del Codice civile. Secondo altra parte della dottrina non è da ritenersi conferente tale ipotesi, considerato che, nel caso di valutazioni tecniche discrezionali di elevata complessità, come quelle presenti nella fattispecie in parola, la responsabilità sarebbe già protetta da una sorte di rete giuridica di contenimento, tramite la previsione degli eventuali errori compiuti dall’Autorità di vigilanza nell’esercizio delle proprie funzioni. A ciò è da aggiungersi che il personale delle Autorità di vigilanza dei mercati, con particolar riguardo ad esempio alla Consob, è talmente qualificato rispetto a gran parte di quello presente nel pubblico impiego proprio per non permettere l’applicabilità dell’esimete di responsabilità prevista dall’articolo 2236 del Codice civile. Non troverebbe, così, apprezzamento la limitazione della responsabilità per le Autorità indipendenti in materia di vigilanza del credito, del risparmio e del mercato mobiliare, a causa di una incisiva deroga rispetto a quanto previsto nell’articolo 28 della Costituzione. Secondo parte della dottrina, d’altronde, la prefata estensione del regime della responsabilità amministrativa prevista per i dipendenti pubblici sbilancerebbe il bilanciamento tra interesse pubblico della tutela degli investitori e dei consumatori e l’interesse pubblico alla stabilità e competitività dei mercati in favore di questi ultimi. Ma, tralasciando la querelle su tale aspetto, soffermando l’osservazione circa l’elemento soggettivo dell’illecito per errato prospetto informativo ed omesso controllo sullo stesso, occorre chiarire che si verte sempre e, comunque, in ipotesi di colpa grave, laddove l’Autorità di vigilanza ha tenuto un comportamento omissivo o inerte di fronte ai propri doveri di vigilanza. L’Autorità pubblica ha, infatti, sempre il dovere di verificare se le informazioni da prospetto informativo sono veritiere ed esteriormente complete, coerenti e non manifestatamente illogiche. La limitazione di responsabilità, inoltre, non è ammessa, quando vi sono comportamenti lassisti o macroscopiche inosservanze dei doveri d’ufficio o di abuso di posizione per fini personali.

Ciò non significa che il controllo dell’Autorità deve consistere soltanto in un controllo estrinseco, perché deve consentire agli investitori di pervenire ad una consapevolezza nella scelta degli investimenti. E’ obbligo, in caso di mercati particolarmente rischiosi, quali quelli non regolamentati, che venga effettuata una debita istruttoria – anche se ovviamente non invasiva verso il principio di tutela della concorrenza dei mercati, per giungere a conclusioni circa l’attendibilità in termini di completezza e di coerenza dei prospetti informativi.

Pertanto, una volta posta in essere la propria attività amministrativa con la dovuta diligenza e perizia e prudenza professionale in relazione alla complessità del servizio, la Autorità potrà considerarsi pienamente esente da ogni responsabilità. Non si può attribuire alla Autorità di vigilanza dei mercati (Consob, Banca d’Italia, …) la totale responsabilità, soprattutto in mercati altamente rischiosi come quelli non regolamentati, della positiva riuscita degli investimenti. Il controllo della completezza e della trasparenza del prospetto informativo va condotto in relazione alla funzione dello stesso e rapportato ai poteri dell’Autorità ed ai tempi in cui può essere svolto lo stesso. E’ manifesto, d’altronde, che nei mercati non regolamentati, a differenza di quanto potrebbe avvenire in quelli regolamentati, l’azione di tutela da parte della pubblica Amministrazione per il risparmio e gli investimenti diminuisce in contrapposizione all’aumentare della aleatorietà e della pericolosità degli investimenti. Ciò non rende, comunque, esente da responsabilità lo Stato, laddove non sia stato operato il controllo del prospetto informativo nei termini già espressi. Informazioni inesatte, oppure omesse nel prospetto informativo o gravi valutazioni nel prospetto informativo, anche nei mercati non regolamentati, sono da ritenersi sempre idonee a ledere il diritto all’informazione e la libertà contrattuale dei soggetti investitori, in quanto il prospetto informativo induce i soggetti investitori ad autodeterminarsi nella scelta degli investimenti ed ad effettuare una scelta, piuttosto che una altra. Anzi le false informazioni o la presenza di un unico prospetto informativo sono determinanti, soprattutto in un mercato non regolamentato visto il loro notevole affidamento che ingenerano negli investitori, ancor di più per operare la scelta ad investire e su quale prodotto investire. In un mercato non regolamentato gli investitori effettuano la propria scelta di investimento e/o quotazione in di società borsa proprio tenuto conto della presenza di un prospetto informativo, in quanto, essendo intervenuti nella formazione di quest’ultimo soggetti di elevatissima professionalità quali le Autorità di vigilanza,  ripongono il massimo affidamento proprio in quest’ultime. In conclusione, in mercati non regolamentati per logica di sistema il prospetto informativo è l’unico strumento che consente agli investitori di esercitare la scelta dell’investimento.

Ergo, se le informazioni sono non veritiere o frammentate e se gli investitori hanno ricevuto un grave pregiudizio patrimoniale, quest’ultimo è casualmente ricollegabile al falso prospetto informativo. Si ravvisa in questo caso una responsabilità della pubblica Amministrazione per non avere garantito i risparmiatori circa la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto informativo. Viceversa, se gli investitori ricevono un pregiudizio patrimoniale, in presenza di un prospetto informativo che rileva la particolare aleatorietà e rischiosità dell’investimento, nonché fornisce in maniera attendibile tutte le informazioni reperibili sul mercato non si potrà ritenere sussistente la responsabilità della pubblica Amministrazione. Il soggetto privato, d’altronde, in presenza di un prospetto informativo veritiero che mette in guardia sulla all’aleatorietà e sul rischio dell’investimento e che non inganna la propria capacità di autodeterminazione, non potrà più invocare la responsabilità dello Stato, non essendo presente il nesso di causalità tra le false informazioni da prospetto e le scelte di investimento fatte dagli stessi. Diverso è, invece, l’affare trattato della Suprema Corte in un arresto del 2009, dove, acclarata la colpa della Consob per omessa vigilanza da prospetto informativo, è stato ravvisato un concorso del fatto colposo degli investitori, ai sensi dell’articolo 1227, commi 1 e 2, del Codice Civile. Ciò, in quanto, a seguito di diffusione a mezzo stampa di notizie sulla rischiosità e pericolosità degli investimenti, i soggetti investitori hanno omesso, sia pure nella ovvia non ufficialità della fonte – appunto a mezzo stampa e non a mezzo prospetto informativo – di valutare l’attendibilità della stessa. Gli investitori avrebbero dovuto tenere un comportamento non inerte, bensì atto a verificare la corrispondenza a verità delle informazioni, e, se del caso, non investire, o ritirare i capitali investiti, fermo restando l’obbligo di vigilanza della Consob. In tale caso si è interrotto, così, il nesso di causalità e, pertanto, il danno patrimoniale subito non è derivato da esclusiva responsabilità della pubblica Amministrazione. In definitiva nei mercati regolamentati, qualora gli investitori patiscano un danno patrimoniale a seguito di scelte di investimento effettuate sulla base di false o inesatte informazioni offerte dal prospetto informativo si configura una responsabilità dello Stato, non rilevando come esimente per quest’ultimo la aleatorietà e, quindi, la rischiosità degli investimenti.

Per la determinazione dei danni, poi, va valutato sia il tipo di responsabilità, sia se gli investitori agiscono o meno nei confronti dell’emittente o chi ha posto in essere il contratto di negoziazione, chiedendo la invalidità del contratto. Nel caso in cui il contratto posto in essere rimane valido, proprio alla luce delle caratteristiche del mercato non regolamentato caratterizzato dalla totale assenza di certezza del risultato degli investimenti,  la liquidazione del danno dovrà essere temperata, non potendo riconoscere agli investitori il c.d interesse positivo, eliminando loro il rischio e l’alea del mercato, e propriamente dei mercati non regolamentati. I soggetti investitori, infatti, quando scelgono di assumersi i rischi del mercato non regolamentare effettuano una valutazione  ex ante rispetto alla veridicità o meno delle informazioni contenute in un  prospetto informativo. Il risarcimento del danno si dovrà giustificare, così, solo per effetto della eventuale incompletezza e/o non veridicità del prospetto informativo. Qualora vi sia difficoltà di giungere alla determinazione del valore di ristoro dei danni patrimoniali degli investitori si potrà utilizzare il criterio equitativo del danno

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