I protocolli di legalità nelle procedure ad evidenza pubblica

I protocolli di legalità nelle procedure ad evidenza pubblica

Mattia Miggiano

Corso Magistratura Mp3 2015-16

 

Con l’espressione protocolli di legalità si fa riferimento a quegli accordi con cui le stazioni appaltanti assumono l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole.

Attraverso tali protocolli si mira a controllare e prevenire i tentativi di infiltrazioni mafiose e a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro.

I protocolli nascono, quindi, come strumenti di controllo di quei territori, soprattutto il sud Italia, dove ancora continuano ad operare numerosi gruppi criminali in grado di incidere profondamente nella vita finanziaria ed economica della società.

L’archetipo deve essere individuato in quel patto di integrità che, negli anni 90, nacque con l’obiettivo di contrastare il fenomeno corruttivo e di dotare le pp.aa. di strumenti di controllo ulteriori rispetto a quelli legislativamente previsti.

Il patto di integrità prevedeva una serie di requisiti il cui rispetto era imprescindibile ai fini della partecipazione alle gare pubbliche.

Secondo la giurisprudenza del CdS, la previsione di prescrizioni ulteriori rispetto a quelle previste nel bando, doveva essere considerata del tutto legittima, rientrando nella autonomia negoziale della p.a. prevedere tali ulteriori requisiti. Vi era una piena compatibilità con i principi di buona fede e correttezza che caratterizzano le trattative contrattuali.

Attraverso i protocolli di legalità si consente l’applicazione delle misure di contrasto ai fenomeni mafiosi, anche al di fuori dei casi previsti dalla legge. Si prevedono accordi che rendono obbligatoria l’informativa anti mafia anche al di fuori delle soglie previste dall’art. 91, c. 1, c. anti mafia.

Tali protocolli hanno trovato fondamento normativo nell’art. 176, c. 3, l. e), c. appalti, per il quale il soggetto aggiudicatore provvede alla stipulazione di appositi accordi con gli organismi competenti in materie di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità.

Un diverso orientamento ha individuato la fonte di tali protocolli nell’art. 15 della l. 241/90, che detta disciplina in tema di accordi tra pp.aa. Si ritiene siano da considerarsi impegni assunti volontariamente tra i soggetti coinvolti nella gara al fine di rafforzare i vincoli previsti dalla legislazione anti mafia, con forme di controllo operanti nella fase di esecuzione del contratto.

Con l’art. 1, c. 17, l. 190/12 il legislatore ha dato copertura legislativa ai protocolli di legalità. In base a tale disposizione le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisca causa di esclusione dalla gara.

Tanto premesso si rende necessario chiarire quali siano i rapporti tra i protocolli di legalità, le informative anti mafia e le cause di esclusione dalle gare pubbliche.

Le informative anti mafia, unitamente alle comunicazioni anti mafia, costituiscono la documentazione anti mafia di cui agli artt. 82 e ss d.lgs. 159/11. Ai sensi dell’art. 84, c. 3, c. anti mafia, l’informazione consiste nella attestazione della sussistenza o meno delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 e nella attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte della società interessata.

Le informazioni anti mafia c.d. atipiche non escludono valutazioni autonome e discrezionali della p.a. destinataria delle informazioni in esse contenute. Tali informazioni rendono edotta la p.a. di eventuali legami degli operatori economici con la criminalità organizzata.

A differenza di quella c.d. tipica, quella atipica non esclude una valutazione discrezionale della stazione appaltante in ordine alla possibilità di escludere il concorrente.

La dottrina ha ritenuto che le clausole della lex specialis che prevedono la esclusione automatica dalle gare sulla base di informazioni contenute nelle informazioni atipiche siano illegittime.

Anche la giurisprudenza è concorde nel ritenere che le clausole contenute nel bando non escludano il potere-dovere della stazione appaltante di valutazione discrezionale, e, pertanto, non possono prevedere effetti preclusivi obbligatori discendenti da una informazione atipica.

Di conseguenza la sottoscrizione di un protocollo di legalità non elide le attribuzioni istituzionali della p.a., ma determina un impegno della stessa a rivolgersi al prefetto per ottenere informazioni che permettano di escludere che il concorrente faccia parte di organizzazioni criminali. Qualora la p.a. abbia previsto nel bando la possibilità di escludere la ditta sulla base di informazioni contenute nelle informative atipiche, dovrà adeguatamente motivare tale esclusione.

Si esclude che il protocollo di legalità elida la discrezionalità della p.a. introducendo automatismi caducatori. Solo in presenza di una informazione tipica la caducazione sarà obbligatoria.

Quanto ai rapporti tra i protocolli di legalità e le clausole di esclusione dalle gare pubbliche, occorre fare riferimento all’art. 46, c. 1 bis, c. appalti. Tale articolo sancisce il principio della tassatività delle cause di esclusione dalla gara.

Per la giurisprudenza le stazioni appaltanti possono prevedere due tipologie di clausole escludenti: a) quelle che riproducono obblighi previsti dal codice, dal regolamento di esecuzione e da altre disposizioni normative; b) quelle che mirano ad evitare incertezze sul contenuto dell’offerta, e la sua segretezza.

La previsione tassativa delle clausole di esclusione mira a garantire la massima partecipazione alla gara e a ridurre gli oneri formali a carico delle imprese.

La possibilità per la p.a. di introdurre nel bando clausole di esclusione per il mancato rispetto delle clausole previste nel protocollo di legalità, secondo la previsione dell’art. 1, c. 17, l. 190/12. Sembrerebbe realizzare una deroga al principio di tassatività delle cause di esclusione.

Tuttavia, si è posto il problema di stabilire se la previsione contenuta nell’art. 1, c. 17, l. 190/12, si ponga in contrasto con l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, che è stato recepito dall’art.38 c. appalti. L’art. 45 citato non prevede, infatti, una analoga causa di esclusione.

La giurisprudenza nazionale ha ritenuto che la previsione contenuta nell’art. 1, c. 17, l. 190/12, sia compatibile con l’art. 45 citato. Si osserva che i protocolli di legalità mirano a contrastare in via anticipata i fenomeni corruttivi che sono in grado di incidere profondamente sulla concorrenzialità e genuinità della gara. Si soddisfano, così, ragioni di ordine pubblico e interesse generale in grado di giustificare la deroga al principio della tassatività delle cause di esclusione.

Inoltre, l’art. 46, c. 1 bis, c. appalti, consente l’esclusione anche per violazione di obblighi previsti da altre disposizioni normative e non solo per quelli previsti dal c. appalti e dal relativo regolamento di esecuzione. Sarebbe, quindi, legittima e compatibile con il diritto comunitario la esclusione disposta dall’art. 1, c. 17, l. 190/12.

Tale quaestio iuris è stata risolta dalla Corte di giustizia dell’UE che ha vagliato la compatibilità con i principi di trasparenza e parità di trattamento di una disposizione nazionale che preveda l’esclusione di una impresa che non sottoscriva una dichiarazione di accettazione delle clausole contenute in un protocollo di legalità.

La Corte ha ritenuto tale clausola compatibile con i principi di trattamento e trasparenza sugli appalti. E’, altresì, compatibile con il principio di non discriminazione in quanto incombe su tutti i concorrenti. Tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità tali clausole non devono eccedere quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti.

Si giunge a tali conclusioni in quanto attraverso tali clausole gli Stati sono in grado di meglio contrastare i fenomeni corruttivi e di criminalità organizzata, assicurando il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

Sono, invece, considerate illegittime le clausole che prevedono l’esclusione automatica per le imprese che non dichiarino di trovarsi in una situazione di controllo o collegamento con altri concorrenti.

Sono, altresì, illegittime le clausole che prevedono l’impegno a non subappaltare lavori ad altre imprese partecipanti.

Tali clausole, infatti, si basano sulla presunzione assoluta che i collegamenti o i subappalti siano sintomatici di collusioni tra imprese, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare il contrario, in violazione dei principi di proporzionalità e parità di trattamento.

 

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