IL REGIME GIURIDICO DEGLI SPAZI A PARCHEGGIO

 

IL REGIME GIURIDICO DEGLI SPAZI A PARCHEGGIO

Pubblicato il 16/04/2015 autore Paola Montone

Lo sviluppo armonico dell’urbanizzazione rappresenta uno dei criteri ispiratori della disciplina della legge 1150 del 1942, che si occupa, infatti, dell’assetto urbanistico e dell’incremento edilizio dei centri abitati.

Tale legge, nell’imporre, per la prima volta, un obbligo di pianificazione urbanistica prevede, però delle limitazioni al diritto di proprietà dei singoli. Anche con particolare riferimento allo statuto della proprietà edilizia, si assiste, infatti, ad un concetto di proprietà conformata, nel senso di funzionalizzata, che si giustifica alla luce di una visione solidaristica e non meramente individualistica del concetto di proprietà, come emergeva, invece, nel diritto romano e nel nostro codice civile fino all’attuale formulazione adottata dal legislatore del 1942.

In realtà più che di proprietà occorrerebbe parlare di diritti di proprietà, in considerazione dei differenti statuti proprietari riscontrabili nel nostro ordinamento, con riferimento, ad esempio, alla proprietà agraria, alla proprietà degli immobili ad uso abitativo ed alla proprietà edilizia per l’appunto, oggetto della presente disamina.

È possibile affermare che il diritto di proprietà, pur continuando a mantenere inalterati i propri caratteri distintivi, nasce come diritto limitato nello stesso momento in cui vengono in rilievo interessi pubblicistici, ossia nel momento in cui c’è la necessita di conformare la proprietà al perseguimento di quell’utilità sociale, valorizzata già dalla nostra Carta Costituzionale all’articolo 42.

Alla stregua di questa necessaria interpretazione del concetto di proprietà, si giunge a contemperare un’ottica meramente egoistica del diritto con una visione dello stesso collegata alla garanzia di una funzione sociale.

Ed è proprio in considerazione dell’evoluzione del concetto di proprietà e della sua interpretazione costituzionalmente orientata che si giustifica la scelta del legislatore di preveder espressamente la necessità, da parte del soggetto costruttore, proprietario dell’immobile, di riservare spazi per parcheggi all’interno delle costruzioni od anche nelle aree di pertinenza delle stesse.

In tal senso, il legislatore del 1967 ha aggiunto un articolo, il 41 sexies all’interno della Legge urbanistica, che si occupa proprio degli spazi a parcheggio.

L’originaria formulazione dell’articolo si componeva di un solo comma alla stregua del quale si prevedeva e si prevede tutt’oggi la necessità di riservare spazi per parcheggi all’interno delle costruzioni od anche nelle aree di pertinenza delle stesse “in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.

Questa disposizione è stata oggetto di numerosi contrasti interpretativi, acuiti anche dai continui interventi del legislatore in materia, concernenti sia il suo ambito applicativo che la corretta individuazione della natura del vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio, con conseguenti riflessi sul regime giuridico degli stessi e sulla loro commerciabilità.

Prima di approfondire la tematica privatistica relativa alla circolazione giuridica degli spazi a parcheggio e volendo procedere con ordine, occorre evidenziare come il contenuto dispositivo della norma è stato ritenuto applicabile ai soli rapporti intercorrenti tra privato e pubblica amministrazione, nel senso che ai fini dell’ottenimento e della legittimità del titolo abitativo il privato costruttore deve obbligatoriamente ed esclusivamente riservare degli spazi da destinare a parcheggio nella misura predeterminata dalla legge.

Se si ritiene, in tesi, che tale norma non dispiega un’efficacia orizzontale, non potendosi applicare ai rapporti tra privati, ne consegue che dal suo stesso ambito applicativo debbono escludersi le vicende circolatorie dei suddetti spazi a parcheggi.

Per esse, troverebbe applicazione l’articolo 817 c.c., in tema di pertinenze, considerato che lo spazio per parcheggiare ben può essere considerato un bene immobile destinato “in modo durevole a servizio” dell’unità abitativa facente parte di un condominio.

In particolare, il comma secondo dell’articolo 818 c.c. prescrive espressamente che le “pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici”, con ciò legittimandosi la possibilità che lo spazio per parcheggio, sul quale grava un vincolo pertinenziale, può essere liberamente trasferito dal soggetto costruttore a chiunque, anche a coloro che non sono proprietari o affittuari dell’unità immobiliare.

Questo, in effetti, è il punctum dolens della questione, in quanto nel momento in cui si ritiene che il contenuto dispositivo di cui all’articolo 41 sexies della legge urbanistica del 1942 abbia una mera valenza pubblicistica, se ne deve inferire l’assunto che gli spazi per parcheggi costituiscono delle pertinenze ai sensi dell’articolo 818 c.c. e come tali possono autonomamente circolare.

A questa visione se n’è contrapposta, però, una differente, in base alla quale il legislatore, con la disciplina in esame, ha in realtà inteso incidere anche sul regime giuridico degli spazi a parcheggio, pervenendo a delineare un vincolo di destinazione non solo di tipo oggettivo ma anche di tipo soggettivo.

Ciò equivale a dire non solo che un tot numero di spazi debbono essere destinati al parcheggio, al fine di migliorare l’assetto urbanistico e consentire una migliore organizzazione del territorio, ma anche che questi spazi a parcheggio debbono essere destinati a quegli stessi soggetti che sono proprietari dell’unità immobiliare facente parte del condominio.

Si sostiene, infatti, che la ratio della norma è quella di garantire uno sviluppo armonico dell’urbanizzazione, quale interesse pubblico, superindinviduale, che giustifica la limitazione del diritto di proprietà, secondo una visione solidaristica e sociale dello stesso. In particolare, il diritto di proprietà risulta conformato al perseguimento di quelle finalità di programmazione e pianificazione del territorio, espressione della funzione sociale, veicolata dall’articolo 42 della Costituzione.

Così evidenziato l’intento del legislatore, argomentando a contrario, ossia ammettendo la possibilità che gli spazi a parcheggio possano essere venduti anche a soggetti terzi, che non siano condomini, separatamente dalla proprietà dell’unità immobiliare, si giungerebbe a snaturare il contenuto dispositivo dell’articolo 41 sexies: esso afferisce, infatti, ad uno sviluppo territoriale lineare ed organizzato, in base al quale all’interno delle costruzioni o nelle aree pertinenziali ci devono essere i posti macchina necessari ai condomini per parcheggiare il proprio veicolo, in modo tale da non occupare gli spazi di parcheggio pubblici ed agevolando, così, la viabilità.

Questa impostazione è stata fatta propria dalle Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno evidenziato l’ambito applicativo dell’articolo 41 sexies, che, in quanto norma imperativa ed inderogabile, posta a tutela di interessi pubblicistici, è idonea ad esplicare i propri effetti anche nei confronti dei cittadini, che sono stati definiti dalla dottrina come effetti orizzontali: la conformazione della proprietà opera, dunque, anche a livello di rapporti tra privati, senza che sia necessaria l’intermediazione della pubblica autorità.

Sussiste, dunque, un vincolo di destinazione non solo oggettivo ma anche soggettivo, potendosi configurare un vero e proprio diritto d’uso dello spazio da parte dei proprietari dell’unità immobiliare, della quale lo spazio per parcheggio costituisce una pertinenza, con l’importante conseguenza che l’atto di vendita dell’unità immobiliare disgiunta da quella dello spazio a parcheggio deve considerarsi nullo.

Nello specifico, si è ritenuta applicabile la disciplina della nullità parziale, ex articolo 1419 c.c., comma secondo, ritenendo che un contratto di compravendita parzialmente nullo, in quanto contrario ad una norma imperativa, quale l’articolo 41-sexies, dovesse automaticamente essere integrato dal contenuto dispositivo della citata disposizione normativa: con l’atto di compravendita dell’immobile, dunque, deve considerarsi trasferito anche lo spazio a parcheggio, poiché gravato da un vincolo di destinazione di natura oggettiva e soggettiva.

Questa linea interpretativa sposata dalle Sezioni Unite trovava, poi, una conferma nella previsione della nullità degli atti di cessione dei parcheggi “separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincoli pertinenziali”, di cui alla cosiddetta legge Tognoli, contenente disposizioni proprio in tema di parcheggi.

In realtà, bisogna evidenziare la specialità del contenuto dispositivo richiamato, in quanto lo stesso fa riferimento all’ipotesi di realizzazione di parcheggi “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”. Ma non solo; infatti, la previsione della nullità in esame di cui al comma 5 dell’articolo 9 trovava originariamente applicazione anche per gli atti di cessione dei parcheggi realizzati sulle aree comunali o nel sottosuolo delle stesse e dunque non solo per i parcheggi privati.

In ogni caso, il contenuto dispositivo di siffatto comma rappresentava, di sicuro, un argomento a favore della tesi dell’esistenza di un vincolo di destinazione dello spazio di parcheggio e di un diritto d’uso a favore dei proprietari delle unità abitative.

Tale tesi non appariva confutabile neanche a seguito dell’espressa previsione di cui alla legge 47 del 1985, che giungeva ad affermare la natura pertinenziale degli spazi a parcheggi, richiamando l’applicabilità, tra l’altro, proprio dell’articolo 818 c.c..

Tale disposizione veniva interpretata nel senso che la circostanza per cui gli spazi a parcheggio, quali pertinenze della costruzione, potessero “formare oggetto di un separato att(o) giuridic(o)”, implicava il semplice trasferimento della nuda proprietà dello spazio a parcheggio, insistendo sullo stesso un diritto d’uso sul bene da parte dei condomini.

Il riferimento al diritto d’uso, di cui all’articolo 1021 del codice civile, veniva giustificato sulla scorta dell’assunto che esso trovava la propria fonte nella legge, alla stregua dell’interpretazione dell’articolo 41- sexies, per come prospettata dalle Sezioni Unite, quale norma imperativa ed inderogabile, ispirata ad una finalità pubblicistica ed applicabile anche nei rapporti interprivati.

Inoltre, la circostanza per cui lo stesso articolo 1021 c.c., nel chiarire il contenuto del diritto d’uso, fa riferimento all’utilizzo del bene “per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia” ben si attaglia all’ipotesi dello spazio a parcheggio, in cui l’utilizzo del box auto è finalizzato a soddisfare l’esigenza del condomino di trovare un posto auto per la propria autovettura, della quale, comunque, può usufruire anche l’intero nucleo familiare.

Alla fine, poi, il contrasto interpretativo è stato ricomposto dallo stesso legislatore che, con la legge 246 del 2005, ha espressamente escluso che gli spazi a parcheggio sono “gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritto d’uso”, affermando l’autonoma trasferibilità degli stessi rispetto alle unità immobiliari.

Eppure, anche a seguito di questa presa di posizione netta da parte del legislatore, sono emersi dei dubbi circa la portata retroattiva o meno della norma. In particolare, da una piana lettura del secondo comma dell’articolo 41-sexies, potrebbe sostenersi la natura meramente interpretativa della norma, con conseguente possibilità di estenderne l’applicabilità anche prima della sua entrata in vigore.

La norma in esame, infatti, esplica proprio la finalità di chiarire l’esistenza o meno di un vincolo pertinenziale esistente sullo spazio a parcheggio e la natura dello stesso, giungendo all’apprezzabile esito di dirimere un contrasto esegetico sorto sul punto e che è stato causa di incertezza applicativa dello stesso articolo 41-sexies.

Al contrario, l’opinione consolidatasi in materia è che la legge 246 del 2005 non sia una norma di interpretazione autentica, sia alla stregua della stessa ratio legis, dettata esclusivamente al fine di un riassetto della normativa primaria. Si tratta, infatti, di una legge di semplificazione, il cui carattere definitorio non è finalizzato a chiarire un precedente contenuto normativo ma, al contrario, ad innovare l’assetto legislativo.

L’affermazione trova conferma, da un punto di vista sistematico e topografico, nella circostanza per cui il comma aggiunto ad opera della legge del 2005 è stato inserito nello stesso articolo 41-sexies, dopo l’espressa previsione di un obbligo di riservare, nelle nuove costruzioni, degli appositi spazi per parcheggi.

Così precisato il carattere non meramente interpretativo del contenuto dispositivo in esame, si è posta, infine, un’ulteriore problematica circa l’ambito applicativo dello stesso. Nello specifico, ci si è chiesti se l’applicabilità del prescritto regime giuridico dell’autonoma trasferibilità degli spazi a parcheggio, svincolata da qualsiasi rapporto pertinenziale e dalla possibilità di esercitare un diritto d’uso a favore dei proprietari delle unità abitative ed in aperta antitesi rispetto alla soluzione prospettata sul punto dalle Sezioni Unite, debba ricollegarsi al momento in cui è stata realizzata la nuova costruzione ovvero al momento in cui è stato posto in essere l’atto di cessione dello spazio a parcheggio.

Se si esclude la portata retroattiva della norma, allora se ne deve inferire come la stessa sia applicabile con esclusivo riferimento a quelle costruzioni ed ai parcheggi realizzati dopo il 2005, non rilevando il momento in cui viene posto in essere l’atto di cessione degli spazi a parcheggio.

 Viceversa, affermare l’autonoma trasferibilità degli spazi a parcheggio e l’inesistenza di un diritto di uso a favore dei proprietari delle unità immobiliari anche in caso di costruzioni realizzate prima del 2005, avendo come unico riferimento l’atto di trasferimento del bene immobile, significherebbe snaturare la ratio dell’intervento del legislatore, riconoscendone una natura interpretativa retroattiva, in tesi, negata.

Da ultimo, poi, occorre evidenziare come il legislatore del 2012 abbia proceduto a modificare l’articolo 9 della legge Tognoli ed a raccordarne la previsione normativa con l’articolo 41- sexies in esame. L’attuale formulazione del comma 5 dell’articolo 9 si apre, infatti, con la clausola di salvezza del contenuto dispositivo di cui all’articolo 41-sexies della Legge urbanistica. Inoltre, il particolare regime giuridico della nullità degli atti di cessione dei parcheggi “separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincoli pertinenziali” è limitato alla sola ipotesi di parcheggi realizzati “su aree comunali o nel sottosuolo” delle stesse.

Di poi, siffatta previsione speciale, che comunque può essere pianamente giustificata sulla scorta della considerazione della natura non privatistica delle aree su cui sono realizzati i parcheggi, è soggetta a delle eccezioni, rappresentate dall’ipotesi di un’espressa previsione della convenzione stipulata col comune ovvero da un’autorizzazione da parte di quest’ultimo dell’atto di cessione, ad ulteriore conferma del favor legislativo alla libera ed autonoma circolabilità degli spazi a parcheggio.

In conclusione, la disamina della complessa questione della disciplina degli spazi a parcheggio e del regime giuridico consente, oggi, di affermarne la libera trasferibilità degli stessi, svincolati da qualsiasi peso, con conseguente estensione dell’ambito applicativo dell’articolo 41-sexies anche e soprattutto ai rapporti tra privati.

La norma, dunque, dev’essere letta nel senso che sussiste un obbligo per il costruttore di riservare degli spazi a parcheggio, configurandosi un vincolo di destinazione di tipo meramente oggettivo. Ne consegue che il privato, una volta assolto all’obbligo di conformare l’esercizio del proprio diritto di proprietà alla funzione sociale, qui rappresentata dall’armonico assetto urbanistico, può decidere, autonomamente e validamente, di vendere a chiunque la piena proprietà di siffatti spazi, purché si tratti di spazi destinati a parcheggio.

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