L’INTEGRAZIONE DEL CONTRATTO ATTRAVERSO I PROVVEDIMENTI DELLE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI
Il contratto, ai sensi dell’art. 1321 cc, è l’accordo di due o più parti rivolto a costituire, regolare o estinguere tra di esse un rapporto giuridico patrimoniale.
L’ordinamento, nell’ottica di garantire e favorire la circolazione dei traffici, della ricchezza e degli scambi commerciali (anche alla luce degli artt. 41 e 42 Cost., i quali riconoscono e affermano, rispettivamente, la libertà di iniziativa economica privata e la tutela della proprietà) attribuisce alle parti negoziali un’autonomia contrattuale ampia e pervasiva.
Infatti, i contraenti possono liberamente determinare il contenuto del contratto (art. 1322 comma 1° cc) nonché anche concludere negozi c.d. atipici, ossia che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare.
E pur tuttavia, poiché l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (art. 41 comma 2° Cost.) ed, a sua volta, la proprietà privata deve sempre rivestire una “funzione sociale” (art. 42 comma 2° Cost.), l’autonomia negoziale, per quanto ampia, non può di certo definirsi illimitata oppure scevra da qualsiasi vincolo.
In via preliminare, l’art. 1322 comma 1° cc riconosce alle parti la facoltà di determinare liberamente il contenuto del contratto ma pur sempre “nei limiti imposti dalla legge”. Ancora, la stipulazione di contratti atipici è subordinata al c.d. “giudizio di meritevolezza”, ossia la voluntas delle parti deve essere rivolta a realizzare “interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico” (art. 1322 comma 2°cc). Altresì, l’art. 1325 cc elenca i requisiti indefettibili del contratto – la cui mancanza dà vita a nullità ex art. 1418 comma 2° cc- ossia accordo, causa, oggetto e forma qualora venga richiesta “ad substantiam”.
Ed invero, il controllo dell’ordinamento sulle fonti negoziali si coglie soprattutto in relazione al fenomeno dell’integrazione del contratto, discendente dal combinato disposto degli artt. 1374 e 1339 c.c.
Ai sensi dell’art. 1374 cc il contratto obbliga le parti non solo a quanto nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, dagli usi. In modo non dissimile, l’art.1339 cc stabilisce che le clausole, i prezzi di beni e servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione di clausole difformi.
Da quanto esposto emerge come il contenuto del contratto, per quanto liberamente determinabile dalle parti, non può ritenersi totalmente autoimposto, bensì in parte eteroimposto, in quanto le parti sono vincolate non soltanto a quanto esse stesse hanno stabilito, ma anche a quanto prescritto dalla legge.
Di conseguenza, attesa l’incidenza sull’autonomia negoziale, è doverosa un’attenta analisi del corretto significato da attribuirsi al termine “legge” ai sensi degli artt. 1339 e 1374 cc, per poi capire se essa possa intendersi come riferita anche a provvedimenti puntuali e specifici. E, a tal ultimo proposito, occorre soffermarsi su una questione delicata e controversa, ossia l’integrazione del contratto attuata attraverso i provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti.
Procedendo con ordine, la “legge” richiamata va intesa come legge puntuale e specifica: se così non fosse non si spiegherebbe l’inciso “in mancanza” sopra menzionato, poiché è soltanto una legge particolare che può mancare, poiché eventuali lacune “generali” potrebbero essere sempre sanate tramite un’interpretazione analogica ex art. 12 disp. prel. cc. Pertanto, “legge” ai sensi degli artt. 1339 e1374 cc è soltanto quella puntuale e specifica e non anche quella derivante da un procedimento analogico.
Fermo restando quanto asserito, ulteriore problematica controversa ha riguardato l’esatta accezione del termine “legge”, se è da intendersi esclusivamente come legge formale o anche come legge sostanziale.
Una prima tesi, invero ormai recessiva, è ancorata ad una concezione rigorosa di legge in senso formale, ossia come legge del Parlamento. Si ritiene, infatti, che una limitazione all’autonomia contrattuale, riconosciuta e tutelata da una norma di rango primario (l’art. 1322 cc) non può che derivare da una norma di pari grado, attesa anche la copertura costituzionale ex artt. 41 e 42 Cost.
E pur tuttavia, come si è accennato, allo stato attuale tale tesi appare abbandonata a favore di un’interpretazione sostanziale, in modo particolare valorizzandosi il rinvio dell’art. 1339 cc alle “norme corporative”.
Infatti, è innegabile che con la scomparsa dell’ordinamento corporativo sia venuto meno il predetto rinvio, ma non la voluntas legis: è chiara infatti l’intenzione del legislatore di consentire l’integrazione del contratto anche attraverso disposizioni diverse da quelle normative. Altresì, una concezione classica e tradizionale della legge non risulta nemmeno più supportata dalla mutata realtà fattuale. Non è infatti revocabile in dubbio che, ormai, un forte peso in materia contrattuale sia rivestito da fonti diverse dalla legge, che si caratterizzano anche per maggiori snellezza e celerità. Per tali ragioni, oggi è pacificamente ammessa un’integrazione del contratto attuata anche mediante norme diverse dalla legge, ossi atti aventi forza di legge e regolamenti. Con la conseguenza che un contratto che non rispetti il contenuto eteroimposto deve considerarsi nullo ex art. 1418 cc per violazione di norme imperative.
Ebbene, accolta una concezione ampia e sostanziale di legge, appare ora doveroso soffermarsi sull’ammissibilità dell’integrazione del contratto attuata attraverso i provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti. Difatti, potrebbe agevolmente sostenersi che, poiché il potere provvedimentale delle AAI è affermato e conferito direttamente della legge istitutiva, allora i provvedimenti espressivi di tale potere si colorano a loro volta del grado di autoritatività della legge stessa.
Se così è, allora anche tali provvedimenti potrebbero attuare un’eterointegrazione del contratto ai sensi degli artt. 1339 e 1374 cc.
E tuttavia, ciò di cui si dubita è proprio la conformità dei provvedimenti delle AAI alla nozione di legalità allo stato attuale universalmente accolta.
A tal proposito, esigenze di chiarezza espositiva impongono la necessità di una breve digressione sulla concezione del rapporto legge/provvedimento amministrativo e, più a monte, sul significato da attribuirsi al principio di legalità.
Infatti, il principio di legalità può essere inteso innanzitutto in senso “debolissimo”, ossia come semplice non contrarietà del provvedimento alla legge. Di conseguenza, al provvedimento sarà concesso tutto ciò non vietato ex lege.
Ancora, il principio di legalità può essere inteso in senso “debole”, ossia come legalità formale: non è sufficiente che il provvedimento non contrasti con la legge, ma è altresì necessario che l’emanazione del provvedimento medesimo sia autorizzata da una norma attributiva.
Infine, il principio di legalità può essere inteso anche in senso “forte”, cioè come legalità sostanziale: la legge attributiva non può limitarsi a conferire il potere provvedimentale, dovendone anche stabilire presupposti, contenuto e limiti.
Ebbene, allo stato attuale, è universalmente accolta una concezione di legalità in senso sostanziale e dunque “forte”, anche al fine di ricondurre l’agire amministrativo sui binari del buon andamento e dell’imparzialità ex art. 97 comma 2° Cost. ed impedire abusi e prevaricazioni sui soggetti amministrati.
E quanto esposto dovrebbe essere valevole anche per le Autorità Amministrative Indipendenti, attesa l’ormai acclarata natura amministrativa. Se così è, appare allora doveroso chiedersi se i provvedimenti delle AAI in grado di incidere sull’autonomia contrattuale siano effettivamente rispettosi del principio di legalità in senso forte. Soltanto in tale ipotesi, infatti, si potrebbe ammettere l’integrazione del contratto ai sensi degli artt. 1339 e 1374 cc.
Ed invero, prima di procedere oltre, si impone un breve inquadramento sistematico – fino ad ora invero trascurato – di tali Autorità Amministrative Indipendenti.
Infatti, la tematica dell’integrazione del contratto attuata tramite provvedimenti delle AAI non può essere affrontata senza comprendere appieno le ragioni sottese alla loro nascita, le loro funzioni ed i loro compiti istituzionali.
Infatti, tali Autorità sono state mutuate dall’ordinamento anglosassone, nell’ottica di neutralizzare i settori sensibili sottraendoli all’influenza governativa.
Le AAI, infatti, operano in tali settori – concorrenza, protezione dei dati personali, mercato finanziario, risparmio – in posizione di terzietà e neutralità, non essendo portatrici degli interessi coinvolti.
Ancora, i membri delle AAI, oltre a dover possedere stringenti requisiti di competenza e tecnicismo, vengono nominati non dal Governo, bensì dal Parlamento, che è espressione della sovranità popolare.
Orbene, attesa l’importanza rivestita da tali AAI nel settore di riferimento, la legge istitutiva conferisce alle medesime ampi poteri di intervento: non soltanto di vigilanza, ma anche sanzionatori nonché di regolazione, da attuarsi o con atti amministrativi generali (per esempio le linee guida ANAC) o con atti puntuali e specifici (es: i provvedimenti-prezzo).
Ed invero, nonostante i provvedimenti delle AAI possono vincolare, direttamente o indirettamente, i singoli destinatari, non appare viceversa sostenibile la loro idoneità ad integrare il contratto, a differenza dei provvedimenti emanati dalla PA.
Come si è detto, i provvedimenti amministrativi sono sottoposti ad un rigido principio di legalità sostanziale. Pertanto è pienamente ammissibile un’integrazione del contratto ad opera di un provvedimento della PA, poiché quest’ultimo viene emanato sulla base di una legge che non soltanto attribuisce il potere ma ne fissa anche contenuto e limiti.
Pertanto, poiché la legge conferisce alla PA il potere di statuire in una determinata materia contrattuale, stabilendo, altresì, criteri e limiti in modo puntuale, il relativo provvedimento amministrativo è idoneo ad integrare il contratto, perché mutua direttamente tale potere dalla legge, che a sua volta è espressione di legalità in senso forte.
Quanto esposto non pare valevole anche per le AAI, perché la legge istitutiva, pur conferendo il potere di emanare prescrizioni in ambito contrattuale, non ne determina in modo specifico il contenuto, pertanto si sarebbe in presenza di una legalità in senso “debole”.
Ed invero, una prima tesi ritiene accettabile una concezione di legalità “debole”, poiché conforme alle finalità stesse delle AAI. Se, infatti, esse sono preposte a settori sensibili connaturati da un elevato tecnicismo, allora la legge è volutamente generica, perché per regolamentare tale settore occorrono competenze elevate e specifiche che le AAI possiedono ma delle quali la legge è priva. Pertanto, il contratto dovrà dirsi integrato ex artt. 1339 e 1374 cc dal provvedimento delle AAI, a sua volta espressione del potere di regolazione attribuito ex lege.
La suesposta tesi non è però condivisa dall’orientamento maggioritario, che ritiene inammissibile un’integrazione contrattuale attraverso i provvedimenti delle AAI, poiché questi ultimi sono espressione di una legalità intesa in senso solamente “debole”. Pertanto, le AAI opererebbero al di fuori del circuito della legalità tradizionale, con la conseguenza che i relativi provvedimenti non appaiono idonei ad integrare la fonte contrattuale.
In forza di ciò, si è ritenuta eccezionalmente ammissibile un’integrazione del contratto ad opera di un provvedimento delle AAI soltanto laddove il provvedimento venga richiamato da una norma, la quale non solo conferisca il potere di regolamentare una determinata materia contrattuale, ma ne stabilisca criteri direttivi e limiti. In tal modo, si rispetterà il principio di legalità in senso sostanziale, poiché le parti del contratto saranno vincolate ad un provvedimento amministrativo il cui contenuto è stabilito dalla legge. Altresì, l’AAI può esercitare il suo potere di regolazione impedendo che l’autonomia negoziale travalichi i limiti stabiliti ex lege e possa vulnerare diritti dotati di copertura costituzionale. In tal modo, i provvedimenti delle AAI verranno ricondotti al circuito della legalità sostanziale e, allo stesso tempo, l’AAI potrà esercitare i propri poteri non soltanto per limitare l’autonomia negoziale, ma, al contrario, anche per valorizzarla, impedendo disparità di trattamento.
Ed ancora, una certa tesi ritiene superabili le criticità esposte grazie alla nota teoria dei “poteri impliciti”.
Il problema dei poteri impliciti si palesa in presenza di una legislazione c.d. “per obiettivi”, ossia laddove la legge stabilisca gli obiettivi da perseguire senza però conferire espressamente alle Autorità Indipendenti di settore i poteri strumentali. Ebbene, nonostante si sia in presenza di un principio di legalità in senso “debole” o “debolissimo”, si ritiene che il relativo potere possa ricavarsi “implicitamente” dagli obiettivi individuati ex lege.
Infatti, si è ritenuto paradossale sostenere che la legge abbia individuato gli obiettivi da perseguire senza conferire i concreti poteri per la loro realizzazione. In tal modo, o l’agire delle AAI subirà un inevitabile stallo o tutti gli atti emanati saranno nulli per difetto assoluto di attribuzione.
L’operatività della teoria dei poteri impliciti è stata, però, subordinata a rigorosi limiti.
In prima battuta, essa è destinata ad operare soltanto in relazione all’attività di regolazione e non anche con riguardo all’attività sanzionatoria: in tale ultima ipotesi, infatti, il provvedimento incide in via diretta ed immediata sulle posizioni dei destinatari, pertanto è necessario che il relativo potere sia conferito in modo espresso e specifico.
Altresì, il potere implicito deve essere necessario per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti ex lege, deve collegarsi ad un altro potere espressamente riconosciuto e devono essere rafforzate le garanzie delle posizioni dei soggetti privati coinvolti.
Se così è, secondo la tesi in oggetto, laddove ricorrano le condizioni appena menzionate, sarebbe ammissibile un’integrazione del contratto ad opera del provvedimento delle AAI, pur versandosi in una concezione di legalità “debole”.
Da ultimo, se si ritiene ammissibile un’integrazione del contratto ad opera dei provvedimenti delle AAI – o in presenza di una “legalità forte ” o tramite la teoria dei poteri impliciti – è doveroso interrogarsi sulle conseguenze di una eventuale violazione.
Ebbene, nel caso di vizio originario, laddove sia la legge stessa a sanzionare la violazione del provvedimento con la nullità, il contratto sarà nullo per nullità testuale (art.1418 comma 3° cc).
Qualora invece la legge sia silente, una certa tesi ritiene di poter qualificare il contratto nullo per violazione di norme imperative, da ravvisarsi nella legge legittimante. A condizione, però, che la legge si autoqualifichi come imperativa oppure che tale carattere sia desumibile dal perseguimento di interessi generali. Ovviamente, occorre che il potere di incidere sull’assetto contrattuale sia attribuito dalla legge, espressamente o tramite la teoria dei “poteri impliciti”.
Nel caso, invece, di vizio sopravvenuto, sarà attivabile il rimedio del recesso per giusta causa, oppure, laddove il mancato rispetto della fonte integrativa sia dovuto al comportamento di una parte, la controparte potrà chiedere la risoluzione per inadempimento.
In conclusione, da quanto esposto emerge come la querelle sull’integrazione del contratto ad opera dei provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti sia ancora aperta e controversa. Pertanto, qualora si ritenga ammissibile occorre comunque privilegiare la soluzione che appaia più rispettosa del principio di legalità, il quale non può subire limitazioni e violazioni in nessun ramo dell’ordinamento.
G M